lunedì 26 dicembre 2011

La rivolta sociale è alle porte

di Giulietto Chiesa - 23 Dicembre 2011
Gli stipendi italiani sono fermi da 10 anni. Stanno cercando di portarci via i risparmi. Le rivolte sociali mi auguro che avvengano perché sarebbe il segno di una risposta popolare molto energica. La questione primaria è: questo debito chi lo ha fatto? Chi lo deve pagare? La risposta è: ......
LA RIVOLTA SOCIALE E' ALLE PORTE


Gli stipendi italiani sono fermi da 10 anni. Sui redditi delle famiglie, pesano l'aumentata tassazione e la mancata crescita. I nostri salari, fissi a 25.155 dollari, sono inferiori di mille euro circa rispetto alla media Ocse, e di circa 4000 rispetto alla media Ue a 15. E con gli stipendi, si riducono anche le prospettive di futuro. Un mix micidiale. Cosa succederà? Diventeremo tutti più poveri?
"Sicuramente sì, la manovra del Governo costituisce uno strumento fondamentale per organizzare la recessione dell'economia italiana. E' ovvio che riducendo salari, pensioni, servizi sociali, la quantità di denaro a disposizione delle famiglie si contrarrà e, parimenti si ridurrà la quantità di denaro a disposizione dello Stato attraverso le entrate fiscali. Quindi stiamo andando verso una recessione molto grave che prevede anche la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro. Chiunque pensa che andiamo verso la crescita nell'immediato e anche nel medio periodo, si sbaglia o mente spregiudicatamente per ingannare la gente. Saremo molto più poveri e si avvia una fase di grande difficoltà sociale."

Potrebbero esserci rivolte sociali?
"Le rivolte sociali ci saranno, anzi io mi auguro che avvengano perché sarebbe il segno di una risposta popolare molto energica. In questo momento siamo sottoposti a un vero e proprio attacco, quando dico "siamo" mi riferisco alla stragrande maggioranza degli Italiani. Mi auguro che siano proprio le famiglie ad organizzare la protesta sociale, anziché subire, magari sedute davanti al televisore, i colpi che vengono loro inferti."

Sinora siamo andati avanti appoggiandoci ai risparmi delle famiglie. Cosa accadrà quando anche quelli finiranno?
"E' vero, stanno cercando di portarci via i risparmi in un modo o nell'altro, e l'esito sarà assai peggiore di quello attuale. Colgo l'occasione di questa domanda per ricordare a tutti che il paese più indebitato del mondo non è l'Italia, ma gli Stati Uniti d'America in cui solo il debito delle famiglie ammonta al 240% del Pil. Il secondo paese più indebitato è la Gran Bretagna che ha un debito privato delle famiglie che supera il 103% del Pil. Noi siamo soltanto al 43%, il che vuol dire che l'Italia è da questo punto di vista uno dei Paesi più sani d'Europa, seconda soltanto alla Germania, meglio della Francia e di tutti gli altri Paesi europei. Dunque, il nostro non è affatto un Paese malato e sull'orlo del disastro come si vuole far credere, la descrizione di un'Italia scialacquona, stupida, ignorante e consumista senza criterio è una descrizione forzata, bugiarda e soprattutto pericolosa. La questione primaria è: questo debito chi lo ha fatto? Com'è stato fatto e chi lo deve pagare? La risposta è: noi. Io dico invece che non dobbiamo pagarlo, bisogna che nasca un movimento nazionale che rifiuta questo debito e che chiede un'immediata rinegoziazione europea del debito italiano, greco, spagnolo, portoghese, irlandese."

Lasciare il Paese può essere una soluzione?
"L'Italia è la nostra patria, il nostro Paese, il luogo dove viviamo, ci mancherebbe altro! Se ne vadano coloro che hanno costruito un internazionalismo della finanza mondiale senza patria, che non pagano le tasse e dunque non avrebbero neanche il diritto di essere italiani. C'è una vecchia frase inglese che dice: 'no representation without taxation', questa gente non ha diritto di essere rappresentata in Italia perché ha elevato le tasse in tutti questi decenni e adesso favorisce la speculazione internazionale aumentando ulteriormente l'evasione. Questi non sono Italiani e quindi dico: restiamo qui a difendere il nostro Paese."

Fonte: Cado in piedi

mercoledì 21 dicembre 2011

La privatizzazione è una cagata pazzesca

E' davvero avvilente notare il declino morale e politico del centrosinistra torinese e del suo principale attore: il Partito Democratico. La città è sommersa da manifesti firmati dal "rottamatore" Catizone, sindaco di Nichelino, indagato per abuso edilizio. Come non dimenticare la candidatura nel PD alle scorse comunali (2011) di Giusi La Ganga, politico che ha patteggiato 20 mesi di reclusione e multa di 500 milioni di lire per finanziamento illecito ai partiti (1) L'estate calda, causa scandalo Penati, del Partito Democratico, pare non finire mai, proprio come il suo declino morale.  Ma sicuramente è il declino politico del PD e di tutta la coalizione del centrosinistra di Fassino che più fa gridare allo scandalo e al tradimento.

Sono passati pochi mesi, ma sicuramente uno dei provvedimenti più osceni è la privatizzazione, seppur parziale, dell'AMIAT, della GTT e della TRM.
Se il grande popolo del Referendum, il popolo della sinistra (e non solo), aveva chiesto a gran voce di abbandonare il modello neoliberista e di pubblicizzare i beni comuni, a partire dall'acqua, la giunta sinistrata di Fassino ha risposto nel peggiore dei modi: privatizzazioni!

Il 23 novembre 2011 il Consiglio Comunale di Torino ha deciso di VENDERE il 40% delle aziende pubbliche locali: AMIAT (rifiuti), GTT (trasporti pubblici) e TRM (termovalorizzatore) per un solo motivo: far cassa. Per farci mandar giù la pillola hanno propagandato le solite falsità, dicendo che i servizi saranno migliori, più puntuali e le tariffe più concorrenziali.

Il collettivo "Le Lavoratrici e i Lavoratori Beni Comuni al servizio della cittadinanza" respingono queste falsità con dati reali e documentabili
"Gli acquirenti delle tre aziende avranno l’obiettivo di ricavare degli utili e lo faranno a spese della cittadinanza e delle/i lavoratrici/ori del settore.
Attenzione: già a partire dal 1 dicembre 2011 saranno attuati i primi tagli al trasporto pubblico locale (rete ferroviaria e autobus), tagli che continueranno nel 2012 e fino al 2014. Scompariranno così intere linee urbane: ad esempio il 63 e il 14 saranno accorpati con un grave peggioramento del servizio in tutta la zona di Mirafiori sud. E’ prevista la riduzione di altre linee, con conseguenze disastrose per l'utenza. In sintesi, invece di aumentare il trasporto pubblico per ridurre il traffico e l’inquinamento si diminuisce il servizio: di conseguenza aumenteranno i tempi di attesa di bus e tram alle fermate, le vetture circoleranno stracariche e peggioreranno la manutenzione e la pulizia. E naturalmente, come ha già annunciato la Regione, fra breve verranno aumentate le tariffe, nella misura del 6% per i bus e del 18% per i biglietti ferroviari.
Prevediamo che anche il servizio di raccolta rifiuti offerto da AMIAT peggiorerà drasticamente, con aumento delle tariffe e una città più sporca.
Ma soprattutto, care cittadine e cittadini, con questa decisione il Comune di Torino obbedisce all’ultimo decreto del governo Berlusconi, che nel frattempo è caduto, e viola i risultati dei referendum di giugno che hanno abrogato l’articolo 23bis del decreto Ronchi con il quale si obbligavano i Comuni a vendere quote delle proprie aziende a privati. Siamo costernati dal fatto che anche i partiti sostenitori di quei referendum - SEL e IDV – che ora sono al governo a Torino, e in altre città italiane, hanno votato per vendere le aziende pubbliche, insieme al PD.
A Torino i servizi locali erano diventati pubblici a inizio Novecento a seguito di un referendum popolare e sono stati indispensabili per la crescita economica della città. Oggi, a parole si invoca la crescita contro la crisi, ma nei fatti si consente a pochi monopolisti di fare affari sui servizi essenziali, cioè sulle necessità di base delle cittadine e cittadini: i trasporti, i rifiuti, l’energia."

Da gennaio il prezzo del biglietto aumenterà del 50%, un biglietto urbano costerà 1,50. Verranno soppresse e ridotte alcune linee per un servizio meno efficiente. Il comune farà cassa e a pagare saranno sempre i cittadini, che con un prezzo maggiorato si troveranno un servizio ridotto.
Il posto di lavoro di molti lavoratori è a rischio: non possiamo permetterlo.

Per protestare e denunciare la privatizzazione abbiamo lanciato a Torino il "Ticket Crossing", una risposta dal basso, alla crisi, contro l'aumento del prezzo del biglietto e la privatizzazione della GTT. Il trasporto deve tornare un bene comune accessibile a tutti.

Cedere il biglietto ancora valido, utilizzare tutti i minuti di validità, lasciare il biglietto ancora valido nei punti ticket crossing sono modi per abbattere, dal basso, il costo e aiutarsi come collettività. Questa è la nostra iniziativa per resistere alle privatizzazioni e alla speculazione sui servizi pubblici.
Oblitera il biglietto, conservalo fino alla tua destinazione. Prima di scendere dal bus controlla quanto tempo di validità rimane e inseriscilo nel punto di “ticket crossing” che trovi nei pressi di tante fermate e che puoi facilmente creare vicino alla fermata sotto casa.
Prima di salire sul bus, controlla che qualcuno non abbia lasciato un biglietto ancora valido nel punto di ticket crossing.
Alla nostra prima uscita, in quasi 2ore, abbiamo distribuito 5mila volantini e diverse persone hanno ceduto il proprio biglietto. Moltissimi cittadini, soprattutto giovani e anziani, hanno lodato la nostra iniziativa, mostrando un grossissimo malcontento verso la scelta antipopolare della Giunta Fassino.

Contro la riduzione del servizio e l'aumento dei costi!
Contro la privatizzazione di AMIAT, GTT e TRM
Come Giovani Comunisti vogliamo la pubblicizzazione dei beni comuni e chiediamo il servizio gratuito per studenti, pensionati, disoccupati e le fasce più deboli.


La privatizzazione è "una cagata pazzesca". La nostra risposta è Ticket Crossing, prossimamente nelle migliori fermate dei pullman!

Andrea 'Perno' Salutari
Coordinatore provinciale dei Giovani Comunisti Torino 2.0

L’Argentina in dieci anni dal collasso al rinascimento. Come liberarsi del Fondo Monetario Internazionale e vivere felici

Oggi, esattamente dieci anni fa, tra il 19 e il 20 dicembre 2001, l’Argentina esplodeva. Fernando de la Rúa, ultimo presidente di una notte neoliberale durata 46 anni, appoggiato da una maggioranza nominalmente di centro-sinistra, sparava sulla folla (i morti furono una quarantina) ma era costretto a fuggire dalla mobilitazione di un paese intero. Le banche e il Fondo Monetario Internazionale gli avevano imposto di violare il patto con le classi medie sul quale si basa il sistema capitalista: i bancomat non restituivano più i risparmi e all’impiegato Juan Pérez, alla commerciante María Gómez, all’avvocato Mario Rodríguez era impedito di usare i propri risparmi per pagare la bolletta della luce, la spesa al supermercato, il pieno di benzina.

Il cosiddetto “corralito”, il blocco dei conti correnti bancari dei cittadini, era stato l’ultimo passo di una vera guerra economica contro l’Argentina durata quasi cinquant’anni. L’FMI era stato il vero dominus del paese dal golpe contro Juan Domingo Perón nel 1955 fino a quel 19 dicembre 2001. Attraverso tre dittature militari, 30.000 desaparecidos e governi teoricamente democratici ma completamente sottomessi al “Washington consensus”, l’Argentina era passata dall’essere una delle prime dieci economie al mondo all’avere province con il 71% di denutrizione infantile, dalla piena occupazione al 42% di disoccupazione reale, da un’economia florida al debito pubblico pro-capite più alto al mondo. Con la parità col dollaro, e con la popolazione addormentata dalla continua orgia di televisione spazzatura dell’era Menem (1989-1999), il paese aveva dissipato un’invidiabile base manifatturiera e tecnologica. Nulla più si produceva e si spacciava che oramai fosse conveniente importare tutto in un paese che aveva accolto, realizzato e poi infranto il sogno di generazioni di migranti e da dove figli e nipoti di questi fuggivano.

In quei giorni, in quello che per decenni il FMI aveva considerato come il proprio “allievo prediletto”, salvo misconoscerlo all’evidenza del fallimento, non fu solo il sottoproletariato del Gran Buenos Aires ridotto alla miseria più nera a esplodere ma anche le classi medie urbane. Queste, che per decenni si erano fatte impaurire da timori rivoluzionari e d’instabilità, blandire da promesse di soldi facili e convincere che il sol dell’avvenire fosse la privatizzazione totale dello Stato e della democrazia, si univano in un solo grido contro la casta politica e finanziaria responsabile del disastro: “que se vayan todos”, che vadano via tutti. Era un movimento forte quello argentino, antesignano di quelli attuali, e solo parzialmente rifluito perché soddisfatto in molte delle richieste più importanti.

I passi successivi al disastro furono decisi e in direzione ostinata e contraria rispetto a quelli intrapresi nei 46 anni anteriori. Quegli argentini che a milioni si erano sentiti liberi di scegliere scuole e sanità private adesso erano costretti a tornare al pubblico trovandolo in macerie. Al default, che penalizzava chi speculava -anche in Italia- sulla miseria degli argentini, seguì la fine dell’irreale parità col dollaro. Le redini del paese furono prese dai superstiti di quella gioventù peronista degli anni ’70 che era stata sterminata dalla dittatura del 1976. Prima Néstor Kirchner e poi sua moglie Cristina Fernández, appoggiati in maniera crescente dagli imponenti movimenti sociali, con una politica economica prudente ma marcatamente redistributiva, hanno fatto scendere gli indici di povertà e indigenza a un quarto di quelli degli anni ‘90. Al dunque l’Argentina ha dimostrato che perfino un’altra economia di mercato è possibile e dal 2003 in avanti il paese cresce con ritmi tra il 7 e il 10% l’anno.

La crescita economica è stata favorita da una serie di fattori propri del nostro tempo, dall’aumento dei prezzi dell’export agricolo all’arrivo della Cina come partner economico. Soprattutto però i governi kirchneristi sono stati, con Brasile e Venezuela, i grandi motori dell’integrazione latinoamericana, una delle principali novità geopolitiche mondiali del decennio. Le date chiave di tale processo sono due: Nel 2005 a Mar del Plata, soprattutto la sinergia Kirchner-Lula stoppò il progetto dell’ALCA di George Bush, il mercato unico continentale che voleva trasformare l’intera America latina in una fabbrica a basso costo per le multinazionali statunitensi mettendo un continente intero a disposizione degli Stati Uniti per sostenere la competizione con la Cina. Nel 2006 l’Argentina e il Brasile, con l’aiuto di Hugo Chávez, chiusero i loro conti col FMI: “non abbiamo più bisogno dei vostri consigli interessati” dissero mettendo fine a mezzo secolo di sovranità limitata. Per anni i media mainstream mondiali hanno cercato di ridicolizzare il tentativo del popolo argentino di rialzare la testa, l’integrazione latinoamericana e la capacità del Sudamerica di affrancarsi dallo strapotere degli Stati Uniti e dell’FMI. A dieci anni di distanza, tirando le somme, ci si può levare qualche sassolino dalla scarpa su chi disinformasse su cosa. Ancora un anno fa, nel momento della morte di Néstor Kirchner i grandi media internazionali –quelli autodesignati come i più autorevoli al mondo- avevano di nuovo offeso la presidente, con un maschilismo vomitevole, descrivendola come una marionetta incapace di arrivare a fine mandato. Il popolo argentino la pensa diversamente e il 23 ottobre 2011 l’ha confermata alla presidenza al primo turno con il 54% dei voti.

Cristina, e prima di lei Néstor, ad una politica economica che ha permesso all’Argentina di riprendere in mano il proprio destino, affianca una politica sociale marcatamente progressista dai processi contro i violatori di diritti umani alle nozze omosessuali. Perfino nei media l’Argentina è oggi all’avanguardia nel mondo nella battaglia contro i monopoli dell’informazione: non più di un terzo può essere lasciato al mercato, il resto deve avere finalità sociali e culturali perché non di solo mercato è fatta la società.


A dieci anni dal crollo l’Argentina sta vincendo la scommessa della sua rinascita. I paradigmi neoliberali sono sbaragliati e dall’acqua alle poste alle aerolinee molti beni sono stati rinazionalizzati per il bene comune dopo essere stati privatizzati durante la notte neoliberale a beneficio di pochi corrotti. I soldi investiti in educazione sono passati dal 2 al 6.5% del PIL e… la lista potrebbe continuare. Basta un dato per concludere: dei 200.000 argentini che nei primi mesi del 2002 sbarcarono in Italia (tutti o quasi con passaporto italiano) alla ricerca di un futuro, oltre il 90% sono tornati indietro: “meglio, molto meglio, là”.

Fonte: Giornalismo Partecipativo

martedì 13 dicembre 2011

Torino ha perso i suoi servizi pubblici

AMIAT, GTT e TRM saranno comprati da privati!
Vogliamo informare le cittadine e i cittadini torinesi che il 23 novembre 2011 il Consiglio Comunale ha deciso di VENDERE il 40% delle aziende pubbliche locali: AMIAT (rifiuti), GTT (trasporti pubblici) e TRM (termovalorizzatore).

Il motivo è semplicemente “fare cassa” ed evitare che il Comune di Torino, indebitato per circa 5 miliardi di euro, di cui 1,3 miliardi dovuti ai Giochi Olimpici, venga commissariato.
Meliorbanca ha calcolato che l’insieme delle tre aziende ha un valore di circa 510 milioni di euro: vendendo il 40% il Comune incasserebbe circa 200 milioni di euro, cioè una cifra irrisoria rispetto al debito. La sola costruzione del termovalorizzatore è costata finora oltre 500 milioni di euro. Più che di una vendita si tratta dunque di una svendita, un buon business per i privati che acquisteranno i pacchetti azionari.
Non è vero che con tale operazione i servizi saranno migliori, più puntuali e che le tariffe saranno concorrenziali. Gli acquirenti delle tre aziende avranno l’obiettivo di ricavare degli utili e lo faranno a spese della cittadinanza e delle/i lavoratrici/ori del settore.


Attenzione: già a partire dal 1 dicembre 2011 saranno attuati i primi tagli al trasporto pubblico locale (rete ferroviaria e autobus), tagli che continueranno nel 2012 e fino al 2014. Scompariranno così intere linee urbane: ad esempio il 63 e il 14 saranno accorpati con un grave peggioramento del servizio in tutta la zona di Mirafiori sud. E’ prevista la riduzione di altre linee, con conseguenze disastrose per l'utenza. In sintesi, invece di aumentare il trasporto pubblico per ridurre il traffico e l’inquinamento si diminuisce il servizio: di conseguenza aumenteranno i tempi di attesa di bus e tram alle fermate, le vetture circoleranno stracariche e peggioreranno la manutenzione e la pulizia. E naturalmente, come ha già annunciato la Regione, fra breve verranno aumentate le tariffe, nella misura del 6% per i bus e del 18% per i biglietti ferroviari. Prevediamo che anche il servizio di raccolta rifiuti offerto da AMIAT peggiorerà drasticamente, con aumento delle tariffe e una città più sporca.

Ma soprattutto, care cittadine e cittadini, con questa decisione il Comune di Torino obbedisce all’ultimo decreto del governo Berlusconi, che nel frattempo è caduto, e viola i risultati dei referendum di giugno che hanno abrogato l’articolo 23bis del decreto Ronchi con il quale si obbligavano i Comuni a vendere quote delle proprie aziende a privati. Siamo costernati dal fatto che anche i partiti sostenitori di quei referendum - SEL e IDV – che ora sono al governo a Torino, e in altre città italiane, hanno votato per vendere le aziende pubbliche, insieme al PD.

A Torino i servizi locali erano diventati pubblici a inizio Novecento a seguito di un referendum popolare e sono stati indispensabili per la crescita economica della città. Oggi, a parole si invoca la crescita contro la crisi, ma nei fatti si consente a pochi monopolisti di fare affari sui servizi essenziali, cioè sulle necessità di base delle cittadine e cittadini: i trasporti, i rifiuti, l’energia.
Le Lavoratrici e i Lavoratori Beni Comuni al servizio della cittadinanza

In Russia torna la voglia di comunismo

Forse la conoscenza delle teorie economiche di Marx avrebbe potuto permettere ai nostri economisti e politici di evitare, o perlomeno di attenuare, l'attuale crisi del capitalismo. (Bryn Rowlands, Financial Times)

Il comunismo vince
In Russia è del tutto evidente che è tornata la voglia di comunismo, ad ammetterlo è persino Roberto Scafuri che sul "Il Giornale", quotidiano sicuramente anticomunista, rivolgendosi al segretario nazionale di Rifondazione Comunista afferma: "Paolo Ferrero, il comunismo vince"
Una spiacevole sorpresa per l'occidente che viene ben rappresentata dalla "grande preoccupazione" espressa da Ilary Clinton. Il grande balzo in avanti dei comunisti (+8% rispetto alle scorse elezioni) e l'annientamento (o quasi) delle forze politiche liberiste filo americane spaventa la patria del capitalismo.
Il Partito Comunista Russo ha raccolto il 20% dei consensi popolari in quest'ultima tornata elettorale, un dato grandioso, ma ridimensionato dai brogli elettorali. Secondo il PCFR (Partito Comunista Federazione Russa) infatti i voti sarebbero oltre il 30% e non il 20% come assegnato dalle commissioni elettorali. I comunisti russi potranno rappresentare la parte più povera del paese e potranno incidere maggiormente sulle scelte complessive del governo russo, sia in quelle economico-sociali che di politica estera, anche grazie all'ottimo risultato nelle città operaie e proletarie.

Ma il comunismo non era morto?
La Cina, seconda potenza mondiale, è governata dal Partito Comunista Cinese, nel grande movimento rivoluzionario dell'America del Sud i comunisti hanno un ruolo in alcune realtà marginale, in altre rilevanti per la costruzione del Socialismo XXI. Perchè dunque da più di 20 anni continuiamo a sentire la cantilena de "il comunismo è morto e il capitalismo è l'unico sistema attuabile?"

"Marx è morto. È questa l'ossessiva litania che siamo ormai abituati a sentire. Dietro tale canto funebre – che a prima vista parrebbe proprio il riscontro di un decesso – si cela però, forse, l'auspicio che tale trapasso abbia luogo davvero, perché il “morto” in questione è ancora in forze e non cessa di seminare il panico tra i vivi. Chi si ostina a ripetere, in nome di Dio o del Mercato, che “Marx è morto” lo fa, allora, perché assillato dal suo spettro: esso continua infatti a denunciare le contraddizioni di un mondo capovolto, di una realtà spettrale che – sospesa in un incantesimo di alienazione e sfruttamento, di feticismo e di mercificazione universale – abbiamo prodotto noi stessi, ma che è a tal punto opaca da sembrare autonoma e da dominarci minacciosa." (Diego Fusaro)

Il futuro è socialista
Il partito guidato da Ghennadi Zyuganov è l’unica forza politica popolare e di massa che in questi vent'anni è riuscito a costruire un'identità alternativa allo strapotere di Russia Unita e di Putin, un'alternativa con prospettiva socialista. La Russia di Putin ha mantenuto un'economia liberista che non ha colmato le disuguaglianze sociali, tanti poveri e pochissimi grandi ricchi. Il collasso dello stato sociale sovietico ha lasciato i russi più deboli e più poveri.
Il tutto si è aggravato negli ultimi due anni con la crisi economica che ha visto il prodotto interno della Russia crollare facendo così crescere il malconento della popolazione che è seriamente preoccupata per il proprio futuro. E sono proprio i giovani i più grandi sostenitori del comunismo in Russia. Secondo il PCFR sette giovani su dieci hanno votato per i comunisti, che sono dunque il partito di maggioranza assoluta tra le nuove generazioni, milioni di giovanissimi che non hanno vissuto nell'Unione Sovietica, ma che vedono solo nel Partito Comunista Russo l'alternativa di sistema pronto a rilanciare la Patria per una miglior giustizia sociale.

Rifondazione Comunista e Sovranità nazionale
Due anni fa fui severamente attaccato perchè OSAI sostenere Zyuganov e il suo PCFR. Patria, Sovranità, Giustizia Sociale: dissi che era anche il mio programma! A distanza di due anni vedo tanti compagni esultare per il risultato russo (capendolo?), diversi compagni finalmente sono pronti a discutere sulla sovranità nazionale dopo il commissarimento della BCE. Cosa è cambiato in questi due anni? Di sicuro non le mie idee.
Zyuganov ha come perno fondante della sua progettualità la sovranità economica, industriale e militare, il suo programma è basato sul rilancio dell'industria e dell'agricoltura come settori trainanti per la rinascista della Russia.

Qui la sintesi estrema del programma del Partito Comunista Russo  (1)

- Ritorno alla proprietà pubblica nel settore minerario e nei settori chiave dell'economia.
- Il fondo valutario statale andrà utilizzato ad uso esclusivo dell'economia nazionale
- Stabilire uno stretto controllo del sistema finanziario.
- Emissione di obbligazioni anti-crisi erogate da un prestito statale
- Inserire la tassazione progressiva iniziando dal reddito di 100.000 rubli
- Aumentare la domanda effettiva della popolazione tramite aumenti salariali, pensionistici, l’incremento di borse di studio e di assegni familiari
- Aumentare notevolmente i finanziamenti per la costruzione di nuovi alloggi a prezzi accessibili
- Stanziare per l'agricoltura sino al 10% delle spese di bilancio.
- Ristabilire l’ordine nell’usufrutto dei terreni
- Stabilire alcuni sgravi fiscali per le piccole e medie imprese
- Ripristinare il sistema energetico unitario sotto il controllo statale
- Rilanciare l’industria meccanica
- Sviluppare con forza le infrastrutture legate alle comunicazioni e ai trasporti
- Aumentare in modo sostanziale di 2-3 volte la spesa per la ricerca e lo sviluppo.
- Garantire la protezione sociale per bambini e giovani

Ma è in particolar modo il settore bancario ad essere messo sotto accusa da Zyuganov.

I giovani hanno premiato il loro programma di rottura con lo stato di cose presenti, risultando l'unica vera alternativa allo strapotere del governo di Russia Unita. Sia il Partto Comunista Russo che il Partito Comunista Greco si stanno prendendo il giusto spazio mostrandosi alternativi e conflittuali al sistema. La nostra opposizione (per ora solitaria) contro il Governo Monti deve essere il nostro campo di  battaglia! Contro la macelleria sociale e il commissariamento della BCE: si riparte da qui. Per il lavoro, la sovranità nazionale e la giustizia sociale!

I cittadini sono oltraggiati dall'ingiustizia sociale crescente, dalla falsa "democrazia" e dalla costante falsificazione della volontà popolare. Sono estremamente indignati per la mancanza di opportunità di vita per i giovani e per la continua umiliazione che subiscono dal partito al potere (Zyuganov)

Andrea 'Perno' Salutari
Coordinatore provinciale Giovani Comunisti Torino 2.0


Fonte: Patria del Ribelle

No Tav, il conflitto è permanente

Per chi vive in Val Susa ciò che stupisce maggiormente sono i titoli dei giornali che urlano una qualche manifestazione Notav. Ieri è stata la volta del blocco del Tgv proveniente da Parigi la cui corsa è stata fermata a Bussoleno da circa mille manifestanti.
I valsusini, molti muniti di regolare biglietto che dà il diritto di poter stare sulla banchina, non hanno occupato i binari e la loro presenza ha impedito che la corsa del treno francese proseguisse verso Torino. Ma questa non è una notizia perché se non è proprio routine poco ci manca. Ben altre riflessioni invece dovrebbero emergere. Da circa sei mesi una comunità sta portando avanti una lotta determinata e quotidiana, e l'idea che ogni tanto un gruppetto di scalmanati più o meno numeroso si svegli e combini un guaio è risibile. Assomiglia alle assicurazioni che la coppia Virano-Ferrentino raccontavano ai giornali ed allo stesso Governo: situazione migliorata rispetto il duemilacinque. Il primo ultimamente tace perché conosce la reale gravità in essere. Il secondo è invece un enigma avvolto da un mistero: ex barricadero oggi ha posizioni ambigue sul progetto in sé, e molto critiche sul movimento che lui stesso ha contribuito a creare e che, in buona parte, lo ha abbandonato al suo destino.

Il conflitto in val Susa è quindi permanente da circa sei mesi e non si vedono segni di stanchezza. Anzi. Se è vero che le marce pure e semplici sono meno numerose che in passato è bene sottolineare che l'adesione alla disobbedienza civile, e anche qualcosa in più, è diventata di massa. Sei anni fa i Tgv provenienti dalla Francia venivano bloccati da cento persone. Ieri erano almeno dieci volte di più.
Il cantiere luna park centra relativamente con questa recrudescenza della lotta. Impatto maggiore arriva dalla quotidianità. I posti di blocco nella valle sono pesanti, la presenza di una cesoia nel bagagliaio necessita di mille giustificazioni, e le denunce sono ormai dozzine. Si aggiungano gli scontri verbali con militari talvolta arroganti e aggressivi. Anche per queste ragioni i treni vengono bloccati e la gente va tutti i giorni alla baita presidio facendo chilometri di sentiero in montagna, solo per fare due esempi. Basti pensare al Gruppo Cattolici per la Valle che quotidianamente raggiunge il pilone votivo adiacente le reti del cantiere e prega di fronte ai poliziotti robocop che osservano basiti.
Ci sono poi le barricate di carta che la Comunità Montana guidata da Sandro Plano continua a produrre. Per giovedì invece il menù prevede una fiaccolata che vedrà partecipare, minimo, diecimila persone. Ancora: tutti i paesi che si susseguono lungo le due statali che attraversano la Val Susa sono tappezzati di bandiere Notav, innalzate non solo da singoli cittadini ma dalle stesse amministrazioni comunali. L'idea quindi che una volta iniziati i lavori la valle digerisse il boccone si è rivelata l'ennesimo atto di sciatteria istituzionale. Il governo Monti ripete ciò che fece Berlusconi. Ad entrambi la val Susa chiede solo l'apertura di un dialogo sull'utilità dell'opera, cosa si sta aspettando?
Maurizio Pagliassotti

Fonte: Liberazione

Presidio contro il viraggio politico del governo di Ollanta

PRESIDIO CONTRO LE TRANSNAZIONALI DELLA FAME, CONTRO LE CORPORAZIONI DELLE MINIERE D'ORO, CONTRO IL VIRAGGIO POLITICO DEL GOVERNO DI OLLANTA: DIVENUTA OGGI CON TENDENZA DI DESTRA CONSERVATRICE!

Compagni è molto importante la solidarietà internazionale. Il popolo Peruviano è al limite di essere governato con una chiara tendenza fascista. Hanno cambiato la alleanza politica, la sinistra è stata alo...ntanata dal governo per stabilire un'alleanza non scritta con i militari e con il fujimorismo. Il popolo si alza contro questa linea politica ed economica che è soltanto servile alle grande corporazioni dell oro e delle miniere. SI STANNO FORMANDO LE BASI D'UNA DITTATURA !! AGIRE OGGI INSIEME AL POPOLO E LE SUE ORGANIZZAZIONI UN DOVERE MILITANTE E INTERNAZIONALISTA !

Giovedí 15 dicembre
dalle 10
Davanti al Consolato Peruviano a Torino
Via Pastrengo 29

Peru': una speranza perduta

PERÚ: UNA SPERANZA CHE SI DILUISCI NELLE TORTUOSE PREPOTENZA DEI GRANDI CAPITALISTI DELLA MINERIA E DEI LORO COMPLICI MILITARI.

Il popolo riesce finalmente a portare al governo un gruppo politico che nella loro ideologia dichiarava apertamente un governo di Concertazione, d'unità nazionale, partendo d'una chiara tendenza di sinistra, con uomini e militanti che fieri di questa alternativa politica d'un nazionalismo verso la costruzione d'una Patria Libera, di conquista dei diritti, di ridistribuzione della ricchezza, di lotta aperta ai corrotti, di riconquista della soberania affitata ai grandi capitalisti, di sollevare la volontà popolare per costruire un nuovo Perù vicina ai più deboli, alle vittime degli sfruttatori. Questo progetto politico si era denominato "LA GRANDE TRANSFORMACIÓN". E su questo progetto grandi settori popolari, organizzazioni sindacali, partiti politici di sinistra diedero il loro sostegno che si traduce nella alleanza "GANA PERÚ".

In 4 mesi di governo il progetto iniziale si sbricciola lentamente e corre verso una tendenza di dominio politico della destra. Nei diversi ministeri, anzitutto in quella più strategica come quella di economia, si nomina un ortodosso della economia capitalista e di appartenenza politica di destra, ugualmente come presidente della banca di riserva del Perú viene nominato un'altro sostenitore dell sistema capitalista. Cosi si va avanti....si fanno realtà certe promesse elettorali come la pensione 65, la legge della consulta previa - legge che obbliga al governo di consultare al popolo prima di prendere decisioni su ogni atto che può essere dannoso contro la popolazione- ...e altre pocche cose per accontentare il popolo. Non ci sono segnali di contrasto o di critica al sistema capitalista sulla quale si fonda la economia Peruviana in questo percorso, cacciano via poco a poco tanti assesori politici di sinistra che erano nel governo e sono sostituiti per assesori militari.

Diversi conflitti sociali iniziano a manifestarsi pubblicamente, tanti sono affrontati con dialogo, altri a puro stile militaresco repressivo, tanto cosi che muore un manifestante ucciso da una pallotolla sparata dalle forze repressive. Il conflitto più grave e di dimensione regionale esplode nella zona del Nord, in Cajamarca. Il popolo Cajamarquino si alza, va in sciopero generale indefinito in protesta e rifiuto del progetto minerario delnominato CONGA che il più grande consorzio minerario di strazione di oro nell mondo, la norteamericana Newmont, voleva portare avanti. Questo consorzio minerario presente in Cajamarca da 18 anni con un progetto chiamato YANACOCHA non è ben accettato dalla popolazione perchè hanno portato distruzione all ecosistema, hanno sviluppato alti livelli di contaminazione e hanno sempre sottomesso il popolo, non hanno portato sviluppo economico per la regione...loro si sono fatti sempre più ricchi e il popolo sempre più povero, con la terra non più utilizzabile, con l'acqua contaminata, con popolazioni che vivono gli effetti delle modificazioni nell loro DNA, per tanti morti precoci, alti livelli di tumori...questo modo di fare investimento non va per il popolo e non dovrebbe ne anche andare per il governo che si proclamò difensore del popolo, del ecosistema, della soberania nel periodo elettorale...caso vuole che il governo da approva e da luce verde alla esecuzione del progetto CONGA - questo progetto prevede un allargamento territoriale della estrazione dell oro, causando inevitalmente la distruzione di tutti i laghi naturali che sono fonte di rifornimento naturale d'acqua per la popolazione e per il ciclo vitale della fauna e flora del territorio Cajamarquino. A questo punto i movimenti di protesta diventano più forti, le manifestazioni di solidarietà a livello nazionale crescono. Come risposta il governo dichiara dal 05 di dicembre COPRIFUOCO NELLA REGIONE IN LOTTA! per un periodo di 60 giorni. Pochi giorni dopo, sono detenuti un gruppo di dirigenti della lotta del contro il progetto CONGA e sono tenuti rinchiusi nella direzione antirrorista per 10 ore. Il 29 di novembre 6 campesinos di Cajamarca sono feriti da spari d'arma di fuoco da parte delle forze repressive del governo. In mezzo a questo conflitto arriva in Perú la direttrice del Fondo Monetario Internacional Christine Legardè che dichiara allegramente che il Perú è un paese stabile economicamente e che il FMI lo vede come un buon candidato dove fare dei grandi investimenti.

Come se questo non bastasse, sabato 10 dicembre rinuncia il presidente del consiglio dei ministri, militante e fondatore del Partito Nacionalista SALOMON LERNER grande sostenitore della concertazione con la sinistra e settori progresisti, OLLANTA HUMALA non ha dubitato un secondo ad accetare la sua rinuncia e nominare immediatamente un ex tenente generale del esercito come il suo successore: OSCAR VALDEZ, di oscura tradizióne militare e sposato con la figlia d'un ricco imprenditore minerario. Ricordiamo che questo individuo è stato nei primi 4 mesi di questo governo ministro del'interno, ossia colui chi ha ordinato tutte le misure repressive contro ogni tipo di manifestazioni sociale e la morte d'un manifestante e dei tanti feriti. Il Nuovo Consiglio di ministri oggi è totalmente di tendenza tecnocratica e di destra conservatrice, dove tutti i componenti di sinistra e del partito di alleanza di concertazione nel parlamento sono stati allontanati, rimanendo senza una reale maggioranza in parlamento. Questo nuovo spazio politico crea una grossa posibilità di alleanza con il fujimorismo o con un colpo di stato. Chiaro viraggio fascista.

Il momento sociale non ha delle belle prospettive se questa è la linea di governo considerando che gli unici che hanno salutato questi avvenimenti sono gli esponenti della destra e della imprenditoria locale e internazionale. Il pericolo di diventare un regime di carattere fascista è molto vicino e su questo che noi chiamiamo a stare attenti e sempre solidali con la lotta del popolo peruviano, in più per il popolo Cajamarquino che in questo momento vive nell coprifuoco militaresco.  

giovedì 8 dicembre 2011

Giovani comunisti russi

La clamorosa e per molti inaspettata sconfitta di Russia Unita, il partito di Putin, alle elezioni politiche della Federazione Russa, è una dato politico evidente, netto, che non può essere camuffato nonostante i numerosi brogli che hanno comunque consentito al padre padrone della Russia di riconquistare la maggioranza della Duma. Ironia della storia, è Putin che cosi come fu per Eltzin, che incarna la continuità con i tratti autoritari dell’ex sistema sovietico, mentre a difendere e a manifestare per la democrazia sono i comunisti russi, il Partito guidato da Ghennadi Zyuganov, l’unica forza politica popolare e di massa che in questi due decenni ha saputo resistere alle svolte autoritarie del regime e a presentarsi come alternativa possibile allo strapotere dei nuovi oligarchi di Mosca.

In pochi ricordano che l’ascesa al potere di Eltzin prima e del suo delfino Putin poi sia stata aperta dalle cannonate contro il Parlamento russo. Zjuganov ha usato le seguenti parole per descrivere quanto successo: «Per quanto riguarda le elezioni stesse, devo dire che sono state senza precedenti per la quantità di brogli, per le pressioni esercitate e per la perfetta messa a punto delle falsificazioni, che hanno fatto impallidire tutti i successi di Eltsin con i suoi assistenti e maghi della pirotecnica». Secondo il PCFR infatti, i voti presi sarebbero oltre il 30 e non il 20 come assegnato dalla commissione elettorali.
Il potere di Putin si è consolidato nell’ultimo decennio grazie a un misto di populismo, di nazionalismo e di benefici dovuti più che a capacità di governo dell’economia, dall’aumento delle entrate statali dovuto all’aumento dei prezzi delle materie prime, come gas e idrocarburi, che Mosca ha per un periodo difeso da ulteriori privatizzazioni e che ha utilizzato per riassestare la disastrata situazione economica ereditata dalla shock terapy con cui Eltzin aveva svenduto il paese. Una terapia economica criminale, quella dei liberisti fondamentalisti, che secondo uno studio della rivista scientifica Lancet , ha prodotto nell’ex Urss circa un milione di morti.

Ma il tutto mantenendo una politica economica liberista, per cui la Russia di Putin e Mednenev ha mantenuto i tratti di una società profondamente diseguale. Pochi grandi ricchi e tantissimi poveri. Le disuguaglianze sociali rimangono enormi, così come il collasso dello stato sociale sovietico ha lasciato milioni di persone prive di quelli che erano diritti sociali garantiti dal sistema.

La situazione si è aggravata nell’ultimo bienno con la crisi economica, che ha visto il prodotto interno della Russia crollare nel 2009, e crescere fra la popolazione il malcontento così come le preoccupazioni per il futuro, e per le quali non è bastata la retorica nazionalista ad evitare il crollo elettorale. Un crollo che ha come prima conseguenza la impossibilità per Putin di poter cambiare la Costituzione, non avendo la maggioranza qualificata necessaria per farlo da solo.
La vittoria dei comunisti non nasce inaspettata. Non può essere nemmeno derubricata, come fanno molti superficiali analisti di casa nostra, come semplice sentimento nostalgico dei tempi che furono. Anche in Russia, come nel resto d’Europa, ritorna con forza la questione e la domanda di giustizia sociale.
Sono tantissimi infatti i voti di giovani e giovanissimi al Partito comunista russo, di ragazzi e ragazze che non hanno vissuto nell’Unione Sovietica. Secondo il PCFR sette giovani su dieci hanno votato per i comunisti. Ora la partita si sposta a Marzo, alle prossime elezioni presidenziali.
Quella che sembrava una passeggiata per Putin, si presenta invece ora come una sfida difficile. Il nervosismo del potere è evidente nella reazione poliziesca di queste ore. E a sfidare Putin e il suo blocco di potere ci sarà Zjuganov , ci saranno , ancora una volta, i comunisti.

Fabio Amato - Liberazione

lunedì 5 dicembre 2011

LACRIME E SANGUE....MA SOLO PER I LAVORATORI E PENSIONATI

Pensioni: intervento sbagliato. Non si adeguano all’inflazione per due anni (salvo quelle sotto 960 euro). Un salasso recessivo e iniquo. La quota 40 salta gli uomini vanno a 42 anni le donne a 41.

Evasione fiscale: intervento debolissimo. La riduzione della soglia della tracciabilità a 1000 euro è uno specchietto per le allodole. Mancano del tutto interventi strutturali per combattere l’evasione, per esempio la reintroduzione dell’elenco clienti/fornitori. Sorprende il mantenimento in circolazione delle banconote da € 500, che facilitano purtroppo il pagamento delle tangenti, la movimentazione della droga e il trasferimento dei capitali in Svizzera.

Aumento Iva: intervento recessivo che colpisce le fasce deboli e non viene compensato da misure di sostegno del reddito.

Interventi per la crescita: deboli e frammentati. La riduzione dell’Irap per esempio è destinata a finire in gran parte nelle tasche degli imprenditori (tra cui purtroppo tanti evasori) e non per migliorare la competitività delle aziende esportatrici.

In sintesi:
1. È una manovra fortemente recessiva che rischia di innescare un circolo vizioso di “avvitamento recessivo” che ha distrutto la Grecia.
2. È una manovra fortemente iniqua. Un pensionato che percepisce 1000 euro al mese con una casa di proprietà perderà in due anni più di 10% del suo potere d’acquisto. Un imprenditore che evade, invece, potrebbe addirittura guadagnare con la riduzione dell’Irap.

All’Italia serve una manovra forte di ristrutturazione della spesa e di rilancio, ma non questa!

Nelle prossime settimane arriverà la mazzata sul mondo del lavoro, per cui molto facilmente libertà di licenziamento ed altre facilitazioni per gli imprenditori.

Una finanziaria targata BCE che serve a rastrellare soldi dai soliti , colpisce i ceti medio bassi i lavoratori dipendenti.
Impedire con ogni mezzo che il governo Monti si consolidi!
Sostenere ogni forma di opposizione e di lotta contro il governo Monti!
Boicottare tutti i partiti politici che voteranno oppure si asterranno a questa finanziaria.

Buonavita Francesco