mercoledì 22 febbraio 2012

Il mondo tra Russia, Siria e Iran – Chiesa

Intervista a Giulietto Chiesa, giornalista e animatore di “Alternativa” e “Pandora Tv”. A cura di Gianni del Panta (La Prospettiva)


Nello scorso dicembre si sono tenute le elezioni per il rinnovo della Duma in Russia. Nonostante l’arretramento nei consensi conquistati da “Russia Unita”, il partito di Vladimir Putin si è confermato saldamente alla guida del Paese, ottenendo, anche grazie ad un sistema elettorale misto, la maggioranza assoluta dei seggi. Sulla regolarità di queste elezioni, che hanno anche segnato la brillante affermazione del “Partito Comunista della Federazione Russa”, ci sono stati giudizi discordanti da parte degli osservatori stranieri, mentre le opposizioni hanno risposto con numerose manifestazioni di piazza. A due settimane dalle elezioni presidenziali del 4 marzo, un suo giudizio sul passaggio politico che si vive in Russia.
Siamo certamente di fronte ad un cambio di fase politica. Putin fino adesso aveva infatti governato, in modo diretto o per interposta persona (Medvedev), senza una reale e tangibile opposizione. Le elezioni parlamentari dello scorso dicembre e le successive manifestazioni di protesta hanno delineato però uno scenario del tutto nuovo, con l’emersione di un’opposizione radicata e conflittuale. Probabilmente il maggiore limite dei movimenti contestatori è oggi dato dalla loro grande frammentazione ed eterogeneità. L’ostilità nei confronti di “Russia Unita” coagula infatti dall’estrema destra ai comunisti ortodossi, in uno scenario peraltro reso più complicato da un fervente nazionalismo trasversale a qualsiasi forza politica. Le elezioni presidenziali di marzo, anche per questo, appaiono ampiamente scontate, con la vittoria di Putin che non può essere oggetto di dubbio. Più interessante sarà vedere se lo “zar di Mosca” si accontenterà di vincere al secondo turno (dove probabilmente sfiderà il leader comunista Zjuganov), oppure se punterà alla conquista della maggioranza assoluta dei voti e quindi al successo immediato. Come nello scorso dicembre ci troveremo a commentare risultati che non saranno reali, ma semplicemente il frutto della manipolazione elettorale da parte dell’élite dominante. Nonostante questo, per non esacerbare un clima già teso, mi aspetto che Putin sia dichiarato vincitore al secondo turno. La vera domanda a cui rispondere è però quali saranno le ripercussioni politiche di questo nuovo scenario che si è delineato negli ultimi mesi. Nelle scorse settimane Zjuganov ha offerto la collaborazione del movimento comunista ad un governo di coalizione con “Russia Unita”, con la quale, nonostante le evidenti divergenze in politica interna, esiste una vasta convergenza sul ruolo che il Paese dovrà giocare nei futuri assetti di potere a livello mondiale. Insomma, il terzo mandato presidenziale di Putin non sarà certamente uguale ai precedenti.

Nelle ultime settimane il “rebus siriano” sembra essersi ulteriormente intricato, con le massime potenze internazionali che muovono freneticamente le proprie pedine nella speranza di poter difendere i propri interessi. Cosa è lecito attendersi nelle prossime settimane?
Effettivamente la partita che si sta giocando in Siria è molto complicata. Al momento Assad si trova accerchiato, costretto a subire la fortissima pressione del Qatar e dell’Arabia Saudita che lavorano, più o meno segretamente, per la caduta del suo governo. La posizione di netta contrarietà da parte di Russia e Cina a qualsiasi intervento diretto da parte delle potenze occidentali ha sventato l’evenienza che la Siria si trasformasse in una nuova Libia. La mancanza di legittimazione a livello internazionale blocca quindi la possibilità di una sostituzione violenta del presidente siriano. Nelle ultime settimane, soprattutto per iniziativa russa, ha così preso campo la possibilità di un vasto progetto di riforma costituzionale del sistema. Tale prospettiva si lega ovviamente alla presenza in Siria di forze interne in grado di gestire una difficile transizione. Un’evenienza che però, per adesso, rimane ancora in attesa di conferme.

Non molto lontano dalla Siria si trova anche l’Iran…
Personalmente ritengo questo, e non la Siria, il vero fronte caldo al momento. Indubbiamente stiamo correndo verso un attacco allo stato persiano entro la fine della prossima estate. Una guerra che sarà molto diversa dalle ultime che abbiamo conosciuto (Afghanistan, Iraq e Libia). L’Iran infatti, in virtù delle proprie dimensioni politiche e militari si difenderà strenuamente, aprendo la strada ad una guerra dall’esito tutt’altro che scontato. Un’operazione militare pericolosa anche per l’Europa, dato che è ipotizzabile il coinvolgimento della NATO, mentre i Paesi del Vecchio Continente potrebbero procedere nuovamente, come già successo in passato, in ordine sparso. Francia, Gran Bretagna, Olanda, Belgio e Polonia dovrebbero appoggiare direttamente nell’operazione gli Stati Uniti, mentre la Germania assumerà una posizione neutrale. Questo apparirà come il chiaro segno politico che una parte dell’Europa ha ormai esplicitamente compreso che i propri interessi e quelli a stelle e strisce sono divergenti. Siamo alla vigilia di una guerra che avrà importanti ripercussioni sui nostri rapporti con Cina e Russia e sulla politica monetaria dell’Europa. Non dimenticandoci mai della disastrosa situazione economica nella quale ci troviamo. Insomma, si prospetta un 2012 alquanto turbolento.

Fonte: La prospettiva

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